Le aree protette

Tra i pochi boschi della Puglia ben conservati, anche se non molto estesi, ma che inglobano diverse specie vegetali e animali tipicamente mediterranee, ci sono Cuturi e Rosamarina.

I due boschi sono ciò che resta della vasta foresta oritana, proprietà di Federico II. Rosamarina e Cuturi si trovano a circa 6 km. da Manduria, percorrendo la strada provinciale che porta a S. Pietro in Bevagna.

Il bosco Cuturi si estende per circa 37,5 ettari ed è protetto da muri a secco. La superficie del bosco non è del tutto omogenea, poiché nelle radure si trovano molto spesso delle sporgenze di roccia calcarea che arrivano a circa 2 m. di altezza. L’antica frequentazione dell’uomo è evidenziata anche dalla presenza di tombe messapiche, dalle carrarecce lasciate dai carri, dagli abbeveratoi per gli animali, dal pozzo e dai tanti tronchi tagliati e sradicati. In passato i due boschi erano ricchi di animali di varie specie (lepri, volpi, daini, cinghiali, lupi, istrici, tassi, gatti selvatici, faine, puzzole, donnole, scoiattoli, cervi, caprioli, ecc.) In questi ultimi anni, purtroppo, l’ambiente faunistico ha subito dei mutamenti, anche se continuano a sopravvivere numerosi uccelli, volpi, ricci e alcuni rari mammiferi. Dal punto di vista botanico i due boschi appaiono particolarmente interessanti. Il bosco Cuturi è formato da lecci ben cresciuti dalla chioma folta, da vaste zone di macchia e da ampie radure erbose. Nella bassa macchia delle zone disboscate, diverse sono le specie che si incontrano: il lentisco, la fillirea, il cisto di Montpellier, il mirto, l’oleastro, ecc.

Il bosco Rosamarina è formato da macchia alta 2-3 metri e da diversi alberi di leccio. Nelle zone a vegetazione bassa è possibile trovare arbusti e alberelli caratteristici della macchia mediterranea come il lentisco, lo spazio spinoso, la fillirea, il mirto, il corbezzolo e il rosmarino da cui il bosco prende il nome. In entrambi i boschi, ai piedi del cisto di Montpellier, cresce un prelibato fungo dal sapore amarognolo, molto apprezzato dai buongustai, lu mucchialúru, l’amarello.

La Duna di Campomarino si estende per circa sei chilometri, procedendo verso ovest lungo la litoranea, ed è anch’essa inclusa nei S.I.C. della “Rete Natura 2000”.
In passato era è stata ricoperta da macchia litoranea a ginepri sviluppati anche in forma arborea. La vegetazione è caratterizzata da arbusti di ginepro coccolone e feniceo e, nelle parti più degradate, da una gariga a timo e elicriso.
Questa duna è interessante anche per la flora delle rupi a picco sul mare che annovera, tra le tante specie, il limonio virgato e il finocchio marino.

Proseguendo lungo la litoranea verso Maruggio a circa tre chilometri a ovest della Torre di S. Pietro in Bevagna è situata un’altra torre costiera detta di Borraco perché vicina a un corso d’acqua perenne chiamato fiume Borraco.
La torre, ha forma di tronco di piramide a base quadrangolare con tre caditoie su ciascun lato.
Il fiume Borraco è alimentato da numerose piccole sorgenti che formano due rami confluenti in un unico corso. La vegetazione lungo il fiume è simile a quella del fiume Chidro.

A circa cinque chilometri a Ovest della Salina scorre il fiume Chidro, il corso d’acqua più importante di tutta la costa jonica pugliese. Nelle carte antiche Il fiume è indicato come luogo di pesca e di disponibilità idrica per diversi usi.
Secondo gli abitanti di Manduria è il mitico fiume nato dalle lacrime che S. Pietro versò in espiazione della colpa di aver rinnegato Cristo. Secondo la leggenda con le sue lacrime il santo guarì dalla lebbra Fellone, re di Felline, un antico casale. La vegetazione spontanea di questo fiume è quella tipica dei corsi d’acqua dolce, rigogliosa lungo tutto il percorso.

Benché in passato fosse una zona foriera di malaria, grave piaga per le popolazioni contadine fino ai primi decenni del 1900 e per questo più volte bonificata, la cosiddetta Palude del Conte è stata inclusa nei SIC della “Rete Natura 2000”, per l’interessante e peculiare ambiente naturale.
Periodicamente molti tratti della palude ospitano praterie salate a giunco nero e piantaggine a foglie crasse, limonio comune e limonio virgato.
Lungo i canali cresce rigogliosa la canna palustre, i giunchi e numerose altre specie tipiche di questi terreni, come l’orchidea di palude e l’orchidea acquatica.

La salina, detta dei Monaci perché fu gestita dai monaci benedettini di Aversa fino al 1404, si estende per circa 250.000 metri quadrati a ridosso di un tratto di dune litoranee poste a ovest di Torre Colimena.
Si tratta di una depressione, chiusa da dune verso il mare e da colline dalla parte di terra, in cui l’acqua marina in un primo tempo versata dalle mareggiate, poi incanalata in due condotti tagliati nella scogliera tufacea, fu regolata nell’afflusso da apposite chiuse di legno, i cui alloggiamenti sono ancora visibili.
L’estrazione del sale, per secoli attuata in questa salina poiché attività remunerativa, è testimoniata dalla presenza di un deposito costruito sulla rocciosa riva nord della stessa con conci ben squadrati di calcarenite (tufo). Addossata a questo stabile vi era una torre (ora ridotta a un rudere). A ovest del deposito, a pochi metri di distanza, si trova una chiesetta, dedicata alla Madonna del Carmelo, anch’essa ormai in forte stato di degrado. Benché lo spettacolo architettonico che si presenta al visitatore sia desolante, l’area circostante è particolarmente interessante dal punto di vista naturalistico, sia botanico sia faunistico. La Salina dei Monaci è stata, infatti, inclusa nei S.I.C. della “Rete Natura 2000” ed è divenuta Riserva Regionale Orientata con Legge Regionale n°24 del 23 dicembre 2002.
In quest’habitat cresce rigogliosa la flora alofila del limo, la macchia mediterranea (soprattutto mirto, lentisco, corbezzolo, timo, erica), la gariga di tipo arbustivo e la votazione di tipo erbaceo.
In primavera garzette, cavalieri d’Italia, martin-pescatori, fenicotteri rosa e tanti altri uccelli scelgono la salina come zona di sosta dove trovare nutrimento.

Detta così per via della torre costiera che la sovrasta, la località balneare di Torre Colimena è interessante, dal punto di vista naturalistico, per la bassa e irta scogliera calcarea. Tale scogliera, sferzata dalle onde, offre nelle spaccature appiglio a piante alofile molto specializzate come le salicornie perenni, l’enula bacicci, l’erba franca pelosa e l’endemico limonio salentino. Quest’ultimo è specie esclusiva del Salento e perciò meritevole più delle altre di protezione.

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